Non mi è mai piaciuto il divieto a toccare le opere. Ovvio, ne capisco le ragioni ma, nonostante questo, è una cosa che fatico a digerire anche oggi.
Ambisco a creare oggetti estranianti, oggetti che faticano a elargire la propria natura e impegnano lo sguardo e il tatto in una traduzione di senso.
La cultura produce gesti destinati e che, oltre ad avere un destino, mostrano proprietà condivisibili ed è questo che mi ha suggerito come nominarli.
Li ho chiamati attrezzi proprio perché si possono toccare e usare. Che oggetto sarebbe un attrezzo a cui non ci si può nemmeno avvicinare? E allora, cosa c’è di meglio di un manico per impugnare nella scultura. Il loro nome nasce anche per la genericità della parola che non è imperativa, che non svela totalmente senso e funzione, cosa che devi identificare tu.