Fare strada, andare lontano, diventare qualcuno!
Uso questa metafora per poter parlare di un gesto condotto in completa solitudine. Per spiegare un’azione quotidiana consumatasi senza comunicazioni preventive e creare attenzione per l’evento. Un comportamento consumato lontano dai luoghi dell’arte. Come potrei fare strada, come riuscirei mai ad andare lontano, come farei a diventare qualcuno se nessuno conosce ciò che faccio. Non mi resta che camminare, percorrere a pendolo una distanza per lasciare una sola traccia, quella del mio passaggio, indossando guanti di filo di ferro (Guanti, 1984/1985) e fedele all’idea che “fatto con i piedi significa fatto male, antigrazioso.
Peccato che questa scompaia non appena il mio piede cessi di camminare quel segno ottenuto a furia di fare strada. Il segno diventa cicatrice e così rimane fino a quando l’erba ricresce celando ogni passo percorso.
L’arte esiste anche quando non riesci a vederla!
Ciò che rimane è il progetto, 5 rulli disegnati a biro e consultabili su di un tavolo costruito allo scopo (vedi nelle immagini).
Non esiste registrazione fotografica o video dell’azione che fin dall’origine fu un progetto esistente nella pura relazione fra il luogo e l’atto del solcarlo.