Profilo continuo di Mussolini (Renato Bertelli, 1933) incarna la negazione di un’immagine e al tempo stesso il dovere di esaltare l’effige del dittatore. Diversamente dalla tradizione dell’arte visiva, l’opera è un fuori fuoco, proprio nell’atto di ritrarre un individuo. Si tratta di un gesto che sforma e che parla il linguaggio meccanico, lo stesso che de-genera l’immagine. Profilo continuo di Mussolini è la perfetta scultura futurista, l’unica che parla interamente il linguaggio della macchina che l’ha tornita.
Ripeto l’azione un numero limitato di volte e ogni volta in un luogo diverso. Dopo ogni evento seleziono un’immagine che sublima l’azione nell’opera. Un’azione, una foto, un’opera.
Ogni opera contiene il suo peccato originale grazie al quale tutto è a fuoco tranne il soggetto che giustifica la presenza di un pubblico.
Quello che vede lo spettatore non corrisponde a ciò che la foto estrae dall’azione. Dal vivo, la sagoma del corpo che ruota sullo sgabello è perfettamente a fuoco. L’opera mostra l’esito nebuloso della rotazione e solo il pubblico e lo spazio che tutto contiene appaiono nitidi. La foto non sarà mai l’azione perché l’opera è cosa diversa dalla realtà.
Nel reale, il fuori fuoco è qualcosa che sfugge alla vista e l’invisibile che si mostra ci coglie impreparati.
Il pericolo invisibile è doppiamente insidioso e quando si mostra è ormai troppo tardi.