All’Accademia di Belle Arti di Venezia frequentavo le lezioni di anatomia e mi venivano proposti modelli di riferimento appartenenti alla tradizione figurativa. Modelli complessi densi di regole auree, di rapporti tra le parti e di armonie generali.
Disegnavo; cercavo di attenermi alle consegne didattiche ma resisteva in me l’idea che quei modelli poco avevano a che fare con la realtà. I corpi che conoscevo, che vedevo e che toccavo si rivelavano spesso asimmetrici, magari di poco, imperfetti e per nulla scultorei.
Mi hanno sempre attirato le asimmetrie e le eccezioni alla norma e così decisi che non potevo più disegnare un mondo perfettamente asettico, troppo perfetto e per questo inumano.
Fu allora che i miei modelli e i miei studi si interessarono alla lussazione dell’anca. Un modo semplice e obbediente per disattendere le consegne nella classica prassi didattica. Fu allora che dissi al mondo che il corpo perfetto non esiste.