Ho tra le mani una serie di foto, di foto-cartoline, che ritraggono D’Annunzio a figura intera. Sono veri e propri ritratti che illustrano, nella posa e nei dettagli, il carattere del poeta. Le immagini non descrivono, nel dettaglio, il luogo in cui è immersa la figura. La sola cosa identificabile è lui, Gabriele D’Annunzio, e alla base dell’impaginato leggiamo Fiume, l’unico elemento riconducibile al luogo. Per il resto, la figura si staglia su un muro ricoperto d’edera, sugli ultimi gradini di una scalinata, sulla veduta di un giardino interno parzialmente lastricato di piastre marmoree o su fondali grigi di luoghi lontanamente immaginabili.
Rimane indissolubile, nel bene e nel male, il legame che traccia la storia del Vate e la città di Rijeka.
Ripropongo la fisionomia del poeta “scolpendo” i miei baffi ed il pizzetto. Me li faccio crescere e li plasmo man mano che sporgono dal piano epidermico.
Mi faccio ritrarre indossando le pose del Vate senza nascondermi in lui. Sono me stesso, non mi camuffo e voglio che ciò sia chiaro.
Cerco negli angoli di Rijeka, spazi evocanti le immagini di partenza. Chissà se sono solo saccheggi o se, salpato, saltello su suoli diversi. Se sono saldamente sincero, sagomato sugli scorci di Fiume.
Comunque lo sento, D’Annunzio è passato di qui e nel bene o nel male ha lasciato il segno.