Seduto all’ombra di un grande fico gli chiesi dove finisse tutto quel sangue. Egli con fare saggio, mi raccontava di come nulla andasse perduto, di come quel liquido rosso, carminio e grumoso, quel flusso ossidato che si arrestava poco più in là, raccolto da mani callose, venisse offerto alle piante quale leccornia.
Allungato con acqua, scorreva diretto dal canale di scolo del mattatoio alle zolle di terra, lì, appena oltre l’ombra del fico.
Quel modo flagrante di rimettersi in circolo, assorbito da terra, succhiato da fusti e arbusti m’indusse a pensare che terra, piante e animali noi tutti abitassimo pieno un unico corpo.
A mio padre.
Per circa un mese ho lavorato una porzione di terreno, dissodandolo, seminandovi dell’insalata e abbeverandolo con una miscela di acqua e sangue, il mio sangue.
Questa fase di lavoro è riassunta in un video che il pubblico può vedere mentre io mangio l’insalata.