Avevo deciso di cessare l’attività pittorica ma resisteva in me l’esigenza di completare alcune indagini sulla superficie prima di passare ad altro. Nutrivo il bisogno di precisare le ragioni che mi spingevano fuori dal “quadro”.
Tracciavo figure, sagome automatiche, frutto del ricalco piuttosto che di un’abilità nel costruire corpi. Rappresentavo sensazioni dell’appendere e dell’essere appeso generando silhouettes avvolte nel buio di una profondità inesprimibile. Sceglievo materie utili ad avvolgere, sostenere, proteggere e a volte sigillare una condizione esistenziale. La fragilità della carta si contrapponeva così alle proprietà rassicuranti di bitume e della crema da scarpe.
Bitume, antirombo…una pelle che protegge da agenti esterni, da suoni e corrosioni. Il bitume, un materiale-profondità, un’idea di sprofondamento e buio infinito. Una condizione esistenziale.
Crema da scarpe per trasmutare carta in pelle, per tradurre l’immagine di un corpo in corpo reale. Una crema che ammorbidisce e umanizza superfici secche, aride e per questo inorganiche.
Tutta la serie dei “bitumi” va rinfrescata con crema da scarpe ad ogni esposizione.